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Biografia

Molinari fotografato al Museo delle Ceramiche di Albissola Marina, Sala Fontana, 2016 (DF)
Attivo da oltre trent’anni in territorio varesino e nazionale, Molinari era passato dalla passione per il disegno a china e matita, che coltivava con grande raffinatezza, a metà anni Ottanta, all’amore per la fotografia d’arte e di reportage poetico, lui stesso stampatore dei suoi indimenticabili bianchi e neri. Veniva chiamato dagli artisti per la sua capacità poetica di documentare il lavoro dell’arte e il suo esito pubblico rispettando la personalità dell’autore, accentuandola naturalmente.
Il suo amore per la fotografia nasce nel clima di scoperta del reportage dal 1968 in poi, prediligendo tra i massimi esponenti italiani l’esperienza di Gianni Berengo Gardin. Esordisce come fotoamatore nei club varesini in quegli anni vincendo alcuni premi, ma ben presto si indirizza alla foto d’arte dopo l’incontro con alcuni artisti e la frequentazione dei loro studi. Negli anni ’80 e ‘90del secolo scorso ha realizzato varie mostre fotografiche per l’arte e i musei e storiche dissolvenze sonore, sia su architetture che monumenti (Chiesa romanica di San Pietro a Gemonio, Via Crucis di Oreste Quattrini a Laveno) sia per personalità artistiche (Innocente Salvini, permanente di Milano 1992).
Con leggerezza, pudore, semplicità e sincerità, si muoveva intorno ai soggetti  quasi impercettibilmente, come uno spirito che coglie l’apparire segreto del mondo. La sua fotografia possiamo ribattezzarla ‘photosophia’ perché la sua attenzione era all’anima e al senso delle cose, in relazione una con l’altra. Non si limitava a riprendere le opere d’arte destinate a essere scontornate su un catalogo, le faceva vibrare dello spazio circostante, della luce interiore, del significato per un preciso momento storico o un moto sentimentale. La sua è stata una fotografia essenziale, piena di verve, a volte drammatica, a volte gioiosa, sempre rispettosa di ciò che andava a immortalare per sempre, in connessione col senso della vita. La sua ispirazione ci ha insegnato a vedere il mondo con la sua delicatezza poetica tanto da rendere icona ogni cosa che fotografava. Nomi internazionali come soggetti, come Azuma, Abate, Botero, Dangelo, Fabbri, Scheiwiller, Shiao, Veronesi, Sangregorio, Baj, Borghi, Bodini, Lerpa, Ukrufi, D’Oora, Ferrario, Robusti e Robustelli, Reggiori, Vicentini, Lischetti, Arcangioli, Ranza, Zilio, D’Ambros, Morlotti, Traini, Costantini, Monti, Lindner, Ambrosini, Chisari, Quattrini, Scarabelli, Tapia Radic e la lista prosegue anche in studi, archivi e atelier come quelli di Pellini, Tavernari, Lucio Fontana.
Ha pubblicato le sue fotografie in numerosi cataloghi di artisti, riviste, quotidiani, ha esposto fotografie in musei e gallerie. 


(Debora Ferrari)

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(C) Roberto Molinari, Chiesa di San Pietro, Gemonio, 2010 In questo modo Roberto Molinari ha dato al mondo dell’arte e agli artisti la sua personale poetica di ripresa attraverso la fotografia. Attivo da oltre trent’anni in territorio varesino e nazionale, Molinari era passato dalla passione per il disegno a china e matita, che coltivava con grande raffinatezza, a metà anni Ottanta, all’amore per la fotografia d’arte e di reportage poetico, lui stesso stampatore dei suoi indimenticabili bianchi e neri. Con chi firma questo articolo ha scattato migliaia di fotografie in studi, atelier, mostre d’arte, vernissage, conferenze stampa, pubblicate anche per Varese Mese, La Prealpina , Lombardia Oggi, Avvenire, Il Caffè dei Laghi tra il 1988 e il 2000, per Meta e per Il Colpo dei Barbari , riviste internazionali, ma soprattutto veniva chiamato dagli artisti per la sua capacità poetica di documentare il lavoro dell’arte e il suo esito pubblico rispettando la personalità dell’autore, ac